Calvin Marcus

Calvin Marcus at Peep-Hole
2016/01/23

La pluralità di linguaggi con cui Calvin Marcus approccia la pratica artistica rivela come il suo procedere si alimenti di un fare in costante divenire, in cui un senso generale di apertura convive con una meticolosa ricerca di compiutezza che implica una sensibilità critica per la dimensione materiale, tecnica e formale del lavoro. Dal disegno alla pittura a olio, dalle sculture in ceramica a quelle in metallo, Marcus impiega con disinvoltura tecniche e materiali tradizionali diversi, mettendone alla prova le potenzialità attraverso cambiamenti di scala e di contesto. Il suo lavoro assume spesso una connotazione autoriflessiva, sottolineando lo spirito narcisistico che accompagna la produzione di oggetti d’arte.

L’analisi del concetto di identità è centrale e passa da riferimenti diretti al sé a riflessioni sulla natura stessa della pratica artistica e delle dinamiche che regolano l’esperienza estetica. La reiterazione della propria immagine attraverso il motivo dell’autoritratto, elemento su cui Marcus ritorna in modo ossessivo, testimonia l’attenzione da parte dell’artista per le questioni identitarie e la capacità di destreggiarsi tra spazio pubblico e privato. Le stesse tematiche sono centrali anche nel progetto di mostra ideato per Peep-Hole, in cui un insieme di opere di natura formale profondamente diversa traduce questioni legate alla percezione, all’imitazione e al desiderio, così come la distanza tra la dimensione pubblica del contesto espositivo e quella intima, privata e domestica che riguarda la sfera personale dell’artista. 

La relazione con l’architettura dello spazio espositivo ha per Calvin Marcus un ruolo determinante. In accordo con la simmetria delle tre sale di Peep-Hole, una successione di dipinti scandisce il percorso, dalla prima all’ultima stanza, contrassegnando i passaggi da un ambiente all’altro. Questi dipinti – Me With Tongue (2015) – sono versioni ingrandite realizzate con colori a olio di piccoli schizzi a pastello che ritraggono un’immagine spettrale del volto dell’artista: autoritratti che Marcus crea in modo ossessivo, come esercizio di riflessione sulla sua stessa pratica e sulla natura, il senso e i limiti del fare arte. Le opere in mostra riproducono nei contenuti, nello stile e nella tecnica questa attività compulsiva e maniacale, simulando meticolosamente la consistenza, il tratto e la gamma di colori tipici dei pastelli a cera Crayola, il supporto cartaceo e l’aspetto non finito che contraddistingue i bozzetti preparatori. 

Profondamente diverse da un punto di vista formale ma simili nei presupposti teorici, delle piccole sculture in ceramica – Untitled(2015) – riproducono piatti che contengono miniature di pesci in atteggiamenti, espressioni e pose antropomorfe. Immagini rassicuranti il cui aspetto ilare, divertente e rilassato fa da contrappunto al senso di timore che incutono gli autoritratti. Lo stato di relax in cui ciascuno di questi personaggi è rappresentato rispecchia la qualità estetica di freschezza e immediatezza che connota queste sculture e genera all’istante un sentimento di familiarità e rassicurazione. Allo stesso tempo, anche la natura accessibile e artigianale di questi oggetti – simili ai piatti decorativi che troviamo in ambienti domestici o a quelli realizzati dai bambini durante i laboratori scolastici – l’immaginario infantile e la supposta innocenza a cui rimandano, possono a loro volta generare uno straniante stato di inquietudine e angoscia.

Le giustapposizioni tra le opere generano così un cortocircuito di stati d’animo, mescolando un senso di rassicurazione con sentimenti di paura e timore, all’interno di un più ampio campo di forze in cui humor e pathos, grottesco e ordinario si alternano e sovrappongono ininterrottamente. La natura dialettica delle opere e la dicotomia che attivano nel loro relazionarsi si riflette infine nel percorso stesso della mostra, che procede in un’unica direzione attraverso un crescendo di immagini ed emozioni che conduce magneticamente il visitatore fino all’ultima sala, per poi proiettarlo, nel percorso a ritroso, in uno spazio che non concede più nulla allo sguardo e si libera d’un tratto di ogni presenza, passando dal pieno al vuoto, dall’eccesso alla mancanza, dal clamore al silenzio. 

Calvin Marcus (1988, San Francisco) vive e lavora a Los Angeles. Tra le mostre personali: Green Calvin, C L E A R I N G, New York (2015); 43° 42’ 46.4148’’ N, 79° 20’ 30.5988’’ W, Public Fiction, Los Angeles (2014); So Cal, Chin’s Push, Los Angeles (2014). Tra le collettive recenti:Repainting the Image after Abstraction, White Cube Bermondsey, Londra; Jeff, Grice Bench, Los Angeles; Works on Paper, Greene Naftali, New York; Le Musée Imaginaire, Lefebvre & Fils, Parigi.

01. Calvin Marcus at Peep-Hole, veduta della mostra
Calvin Marcus, Me With Tongue, 2015, pastelli a olio, tempera Cel-Vinyl, acquarello, emulsione di gesso su tela di lino
Ph Laura Fantacuzzi - Maxime Galati-Fourcade

02. Calvin Marcus, Me With Tongue, 2015
Pastelli a olio, tempera Cel-Vinyl, acquarello, emulsione di gesso su tela di lino
Ph Laura Fantacuzzi - Maxime Galati-Fourcade

03. Calvin Marcus, Me With Tongue, 2015
Pastelli a olio, tempera Cel-Vinyl, acquarello, emulsione di gesso su tela di lino
Ph Laura Fantacuzzi - Maxime Galati-Fourcade

04. Calvin Marcus, Me With Tongue, 2015
Pastelli a olio, tempera Cel-Vinyl, acquarello, emulsione di gesso su tela di lino
Ph Laura Fantacuzzi - Maxime Galati-Fourcade

05. Calvin Marcus at Peep-Hole, Veduta della mostra
Ph Laura Fantacuzzi - Maxime Galati-Fourcade

06. Calvin Marcus, Untitled, 2015
Ceramica smaltata
Ph Laura Fantacuzzi - Maxime Galati-Fourcade

07. Calvin Marcus, Untitled, 2015
Ceramica smaltata
Ph Laura Fantacuzzi - Maxime Galati-Fourcade

08. Calvin Marcus, Untitled, 2015
Ceramica smaltata
Ph Laura Fantacuzzi - Maxime Galati-Fourcade

09. Calvin Marcus, Untitled, 2015
Ceramica smaltata
Ph Laura Fantacuzzi - Maxime Galati-Fourcade

10. Calvin Marcus, Untitled, 2015
Ceramica smaltata
Ph Laura Fantacuzzi - Maxime Galati-Fourcade

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