Catharine Ahearn

NO SOAP RADIO
2015/03/28

Attraverso una costante sperimentazione di tecniche e materiali, Catharine Ahearn indaga il potenziale narrativo del quotidiano e il rapporto con la corporeità per costruire un immaginario stratificato che prende forma attraverso insolite e sarcastiche rielaborazioni del reale. Attingendo a esperienze o personaggi radicati nella memoria collettiva, l’artista accosta oggetti ordinari in visionarie e misteriose composizioni che ironizzano sulle dinamiche stereotipate del potere. NO SOAP RADIO consiste in una serie di sculture e dipinti concepiti appositamente per la mostra, il cui percorso espositivo è scandito e fortemente caratterizzato da un grande intervento ambientale attorno al quale Ahearn ha sviluppato l’intero progetto. La poliedricità dei linguaggi utilizzati e la vasta gamma di materiali impiegati – da quelli più effimeri come il sapone ad altri di natura profondamente diversa come il ferro – offrono un’esperienza dei percorsi tematici e linguistici su cui si fonda la sua pratica. L’intervento site-specific consiste in una tenda ellittica in pvc che invade come un’enorme astronave lo spazio espositivo, attraversandolo longitudinalmente dalla prima all’ultima stanza, separando e al contempo mettendo in relazione gli ambienti di cui si compone. Come un intermezzo o una pausa tra scene, The Mother (2015) scandisce il ritmo della narrazione: ogni volta che lo spettatore la attraversa si ritrova in un ambiente nuovo, ma allo stesso tempo ogni ambiente si ricollega al precedente. 

Il percorso espositivo inizia con un elemento che fa da introduzione all’intero progetto: un comune lavabo, all’interno del quale è collocato un dipinto realizzato in sapone sulla cui superficie un filo d’acqua scorre ininterrottamente. Al lato opposto della stessa parete si scorge la presenza di un secondo lavandino, quasi identico al primo. Questi arredi ordinari collocati a muro come fossero lì da sempre, creano un’atmosfera misteriosa, enfatizzata dall’innaturale simmetria dei due elementi e dallo scorrere continuo dell’acqua che scioglie il sapone dei quadri. Come in precedenti lavori dell’artista – ad esempio le Lava lamp esposte nel 2013 in occasione della sua personale alla galleria Ramiken Crucible di New York – anche in queste opere il materiale è in costante movimento, si trasforma continuamente e consuma lentamente. Ahearn sceglie il sapone per le sue caratteristiche intrinseche che si prestano perfettamente alla sua volontà di indagare i processi di creazione, distruzione, riciclo della forma – e dell’idea – per mezzo del “lavoro”, riflessione che sta alla base di tutta la mostra. Se i lavandini della prima sala rimandano in modo esplicito a una processualità ciclica, i lavori in sapone della sala successiva, installati a parete come si conviene a un qualsiasi dipinto, rivelano la loro natura sarcastica. Nel tentativo fallimentare di raggiungere la bellezza ideale e la forma compiuta del quadro, questi lavori diventano una parodia del quadro stesso e un modo di interrogarsi sullo stato attuale della pittura. 

Un’analoga riflessione è alla base dei tre dipinti March 1924 (2014), nella prima sala, The girl who loved death (2014) e Well of the worlds (2014), nell’ultima sala, racchiusi all’interno di schermi in plexiglass nero che ricoprono interamente le superfici pittoriche rendendo quasi impossibile la lettura delle immagini dipinte. Il quadro è “cancellato” dalla superficie scura e riflettente del plexiglass che non solo lascia intravedere a stento l’immagine sottostante, ma vi sovrappone il riflesso di tutto ciò che lo circonda. All’interno della mostra la scelta di un materiale come il sapone ha una duplice valenza semantica, che ha a che fare da un lato con le qualità intrinseche del materiale in sé – effimero e deperibile – e dall’altro con il simbolismo e l’accezione metaforica riconducibili a questo oggetto d’uso comune, più precisamente con l’implicazione che ha nell’immaginario collettivo legato alla punizione. Il sapone in bocca di No Soap Radio (2014) e le saponette nei calzini di Big Beater (2014) e Beater Barrow: labour of punishment (2014), evocano in modo esplicito certe forme di penitenza che Ahearn utilizza per tornare a riflettere sull’idea di “lavoro”. Se i quadri di sapone hanno a che fare con il “lavoro” inteso come processualità alla base della creazione di un’opera, queste sculture rimandano al “lavoro” inteso come fatica: la fatica fisica del “duro lavoro” manuale e la fatica mentale dovuta alla pressione di assolvere un compito e rivestire un ruolo sociale. Sia lo stivale sia la carriola sono due oggetti simbolo del “duro lavoro” che associati all’iconografia della punizione rappresentano la fatica di imporre una regola, di assolvere un compito e rivestire un ruolo, come per l’artista quello di chi svolge un lavoro percepito comunemente come pure piacere. Bean Bag Burn: punishment of leisure (2015), dove due Poltrone Sacco di colore rosso sono accatastate a formare un immaginario falò, nasce proprio dalla riflessione sugli stereotipi legati alla figura dell’artista e al modo in cui il suo lavoro viene percepito all’interno della società. A fare da contraltare alla “leggerezza” cui rimanda Bean Bag Burn: punishment of leisure, i pugni che contorcono le forme in ferro di Smash 3 (2015), ironizzano sulla figura dello scultore, mettendolo a confronto con Hulk, un’infantile e minacciosa palla di rabbia. In una mescolanza di cultura bassa e cultura alta, il riferimento ai fumetti di Marvel si sovrappone ai rimandi alle eleganti torsioni delle monumentali sculture di Clement Meadmore e Eduardo Chillida. 

L’attenzione per l’ordinario, il cliché, il luogo comune, e la volontà di ironizzare sui meccanismi che li generano, sono motivi che ricorrono in tutta la mostra, come ribadisce il titolo, NO SOAP RADIO, che fa riferimento proprio ai comportamenti sociali omologati e a quei meccanismi di condizionamento psicologico cui i singoli individui rispondono all’interno di un gruppo. “No soap, radio” è infatti la battuta finale senza senso di una barzelletta, volutamente priva di humor, utilizzata come esperimento sociologico per dimostrare quanto la reazione di un individuo – in questo caso la risata – possa essere influenzata dalla reazione altrui. Il sarcasmo del titolo è esemplificativo di un approccio che caratterizza tutto il lavoro di Catharine Ahearn, le cui opere come scherzi provocatori innescano un cortocircuito tra forma e contenuto per destabilizzare lo spettatore e sfidarne le capacità conoscitive e interpretative. 

Catharine Ahearn (Johannesburg, 1985), vive e lavora a Los Angeles. Ha studiato presso la New York University. Una sua mostra personale è stata presentata nel 2013 dalla galleria Ramiken Crucible, New York. Nel 2014 ha partecipato a numerose mostre collettive, tra cui: Next, Arsenal, Toronto, Canada; MFA 2015 Exhibition, UCLA New Wight Gallery, Los Angeles; Nuit Américaine, Office Baroque, Bruxelles; Chat Jet – sculpture in reflection Part 2, Künstlerhaus, Graz; Everything falls faster than an anvil, Pace Gallery, Londra; Imitatio Christie’s (partoftheprocess6), Galleria Zero…, Milano, 2014.

01. Catharine Ahearn, NO SOAP RADIO
Veduta della mostra
Ph Laura Fantacuzzi

02. Catharine Ahearn, Untitled, 2015
Lavandino, secchio sapone, pompa, 45,7 x 35,6 x 10 cm
Ph Laura Fantacuzzi

03. Catharine Ahearn, Untitled, 2015 (particolare)
Lavandino, secchio sapone, pompa, 45,7 x 35,6 x 10 cm
Ph Laura Fantacuzzi

04. Catharine Ahearn, Untitled, 2015
Lavandino, secchio sapone, pompa, 45,7 x 35,6 x 10 cm
Ph Laura Fantacuzzi

05. Catharine Ahearn, Untitled, 2015 (particolare)
Lavandino, secchio sapone, pompa, 45,7 x 35,6 x 10 cm
Ph Laura Fantacuzzi

06. Catharine Ahearn, The Mother, 2015
Tenda pvc
Ph Laura Fantacuzzi

07. Catharine Ahearn, The Mother, 2015
Tenda pvc
Ph Laura Fantacuzzi

08. Catharine Ahearn, The Mother, 2015
Tenda pvc
Ph Laura Fantacuzzi

09. Catharine Ahearn, The Mother, 2015
Tenda pvc
Ph Laura Fantacuzzi

10. Catharine Ahearn, Beater Barrow: labour of punishment, 2014
Tecnica mista
Ph Laura Fantacuzzi

11. Catharine Ahearn, Soap Paintings, 2015
Sapone
Ph Laura Fantacuzzi

12. Catharine Ahearn, Soap Painting, 2015 (particolare)
Sapone
Ph Laura Fantacuzzi

13. Catharine Ahearn, NO SOAP RADIO
Veduta della mostra
Ph Laura Fantacuzzi

14. Catharine Ahearn, NO SOAP RADIO
Veduta della mostra
Ph Laura Fantacuzzi

15. Catharine Ahearn, The girl who loved death, 2014
Olio su tela, plexiglass
Ph Laura Fantacuzzi

16. Catharine Ahearn, Well of the worlds, 2014
Olio su tela, plexiglass
Ph Laura Fantacuzzi

17. Catharine Ahearn, Smash 3, 2015 Ferro, 95 x 52 x 52 cm
Ph Laura Fantacuzzi

18. Catharine Ahearn, NO SOAP RADIO
Veduta della mostra
Ph Laura Fantacuzzi

19. Catharine Ahearn, Talk Back 1, 2015
Tecnica mista, 48 x 38 x 165 cm (Con pedana 66 x 45 x 206 cm)
Ph Laura Fantacuzzi

20. Catharine Ahearn, Talk Back 1, 2015 (particolare)
Ph Laura Fantacuzzi

21. Catharine Ahearn, Talk Back 1, 2015 (particolare)
Ph Laura Fantacuzzi

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