Giorgio Andreotta Calò

level
2014/03/08

La ricerca di Giorgio Andreotta Calò gravita attorno alla dimensione dell’attraversamento, intesa come un percorso di avvicinamento all’opera, che si sviluppa mediante un processo di prelievo di frammenti dalla realtà e di riappropriazione del paesaggio e della sua storia. Utilizzando come materia prima edifici e spazi abbandonati, materiali di recupero, oggetti esposti nel tempo agli agenti atmosferici, Calò arriva a creare situazioni al limite tra operazioni partecipative e interventi architettonici diretti. L’opera che si presenta al pubblico perciò non è mai un oggetto realizzato ad hoc o semplicemente il risultato di un progetto, bensì l’insieme di un processo e di un tempo calati nella fisicità della materia, che prende “forma” dall’interazione con il contesto e dalle energie che si sprigionano al suo interno. Anche in occasione della mostra da Peep-Hole, Calò interagisce con lo spazio e la sua struttura architettonica, invertendo la logica quotidiana della visione del luogo e aprendo in esso la prospettiva di un punto di vista inedito.

level, termine palindromo, riassume il senso dell’intero progetto, articolato in due momenti speculari. Untitled (level) consiste in un intervento architettonico che attraverso la rimozione della copertura di un taglio rettangolare nel pavimento, mette fisicamente e visivamente in connessione i due livelli dell’edificio che ospita lo spazio espositivo. Quello superiore, come punto di osservazione, entra in dialogo con quello inferiore in disuso (occupato dalla Fonderia Battaglia), dove uno specchio d’acqua crea un ribaltamento visivo, una riflessione, retaggio del luogo di provenienza dell’artista, Venezia, che sempre ritorna nelle sue opere in forme diverse. Da Venezia proviene anche il materiale ligneo che attraverso il processo di fusione viene trasformato in scultura in bronzo: una clessidra, oggetto speculare e “palindromo” che misura un tempo sospeso e che restituisce l’immagine del processo di corrosione prodotto dall’azione altalenante dell’acqua nel suo continuo cambiamento di livello. Se da un lato Clessidra origina da uno sradicamento del materiale che l’ha generata – il legno della paline lagunari – è grazie all’allagamento temporaneo dello spazio, il suo diventare laguna, che si attiva il dispositivo di visione ambientale in Untitled (level). Anche il tipo di relazione che i due lavori intessono con lo spettatore è di natura diversa, tattile e materica la prima, visiva e proiettiva la seconda. L’apparente dicotomia trova tuttavia una coesione nella specularità degli interventi, così come nel comune riferimento alla dimensione temporale. Il fluire del tempo evocato dalla clessidra e congelato nella sua forma scultorea, si dilata seguendo i ritmi percettivi individuali nell’installazione. All’interno dello spazio, infatti, l’occhio si abitua gradualmente all’oscurità, lasciando alla visione il tempo di dischiudersi sempre più chiaramente, come se si trattasse di un quadro di cui si percepiscono progressivamente tutti i particolari: i riflessi prodotti dall’acqua, i dettagli del piano sottostante, la diffusione della luce. Anche il suono assume una funzione importante: lo scorrere continuo dell’acqua evoca una presenza sottostante, scandendo un ritmo in divenire. Ciò che apparentemente sembra un vuoto è a tutti gli effetti un pieno. L’energia sprigionata dall’apertura nel pavimento convoglia lo sguardo dello spettatore e ne calamita l’attenzione, condizionandone il movimento nello spazio. Alla linearità orizzontale della stanza sgombra fa da contrappunto la verticalità della forma scultorea, creando una perpendicolarità prospettica disgiunta nei due spazi, il cui punto di fuga è rappresentato dal buco. Scultura e intervento architettonico sono per la prima volta messi in relazione diretta nello stesso progetto espositivo, declinando il medesimo principio di simmetria e rispecchiamento. Così, anche lo spazio della fonderia, dove la scultura è stata fusa, viene riconnesso allo spazio espositivo quasi a voler sottolineare una fluidità e continuità nel processo identificativo dei luoghi e delle loro funzioni.

Giorgio Andreotta Calò (Venezia, 1979. Vive e lavora tra Amsterdam e Venezia) ha frequentato il corso di scultura all’Accademia di Belle Arti di Venezia e alla KunstHochSchule di Berlino. Dal 2009 al 2011 è stato artista in residenza alla Rijksakademie van Beeldende Kunsten di Amsterdam. Nel 2011 il suo lavoro è stato presentato alla 54° Biennale di Venezia. Nel 2012 ha vinto il Premio Italia per l’arte contemporanea, promosso dal Museo MAXXI di Roma. Nel 2013 è stato tutor del Genova maXter Program di Villa Croce a Genova. È il vincitore dell’ultima edizione del “Premio New York” promosso dal Ministero Italiano per gli Affari Esteri. Tra le principali mostre personali: 08.09.2012 – 21.10.2012, SMART Project Space, Amsterdam, 2012; Scolpire il tempo, Wilfried Lentz gallery, Rotterdam, 2010; The bakery, Annette Gelink, Amsterdam, 2010; Monumento ai Caduti, ON, Bologna, 2010; 1979-2009, Galleria Civica, Trento, 2009; Atto Terzo. Volver, ZERO…, Milano, 2008.

01. Giorgio Andreotta Calò, level
Veduta della mostra

02. Giorgio Andreotta Calò, Clessidra, 2014
Bronzo, chiodi, 226 x 27 x 27 cm

03. Giorgio Andreotta Calò, Clessidra, 2014 (particolare)
Bronzo, chiodi, 226 x 27 x 27 cm

04. Giorgio Andreotta Calò, Clessidra, 2014 (particolare)
Bronzo, chiodi, 226 x 27 x 27 cm

05. Giorgio Andreotta Calò, Untitled (level), 2014
Veduta dell'installazione

06. Giorgio Andreotta Calò, Untitled (level), 2014
Veduta dell'installazione

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